LA CHIAVE ASTRONOMICA DELLA FONDAZIONE DI NEAPOLIS
L' atto di fondazione di Partenope-Neapolis in una rêverie neoclassica
di Renato Palmieri
Nel Secretum di Petrarca si legge, secondo la grafia latina del tempo: "Litere velut pithagoree, quam audivi et legi, non inanem esse doctrinam (reperio): trovo che la dottrina della lettera cosiddetta pitagorica, che ho udito esporre e ho letto, non è vana."
La lettera-simbolo dei Pitagorici è la Y e viene interpretata dal Petrarca (come da Lattanzio mille anni prima) quale simbolo del bivio tra virtù e piacere. Il fatto ci dà l'occasione di chiarire l'equivoco in cui sono cadute le moderne sette pseudoesoteriche: quello di considerare i simboli come segnali di meri concetti morali o soprannaturali, astraendo dal supporto propriamente conoscitivo che essi possedevano in origine e a cui il significato ideale si ancorava in maniera indissolubile. "Simbolo" è etimologicamente "segno di unione": legame polivalente tra il mondo delle cose, oggetto di conoscenza concreta, e quello delle idee, campo del ragionamento filosofico e della speculazione morale. Se si ignora questo vincolo, inevitabilmente il simbolo diventa materia di vuote elucubrazioni moralistiche, prive della loro originaria convalida reale.
In termini epistemologici, diremmo che una "metafisica", perché abbia senso, deve fondarsi su una "fisica", così come il termine stesso richiede e come veniva inteso al tempo degli antichi scienziati-filosofi, quale appunto era Pitagora.
Insuperabile ostacolo alla comprensione delle strutture monumentali ed urbanistiche che caratterizzano le antiche culture è guardarle con saccenteria, leggendole in una chiave puramente empirica e mercantilistica. Vero è che alla sufficienza scientistica dei nostri giorni hanno offerto facile bersaglio le fantasie di cui è piena una vasta letteratura di tipo occultistico e magico. Ma altrettanto risibile è, per esempio, all' estremo opposto, l'interpretazione socio-economica che della funzione delle Piramidi avanza Kurt Mendelssohn ("L'enigma delle Piramidi"), il quale ritiene gli Egizi incapaci di "cognizioni più che rudimentali" in matematica. o lo scetticismo di Martin Gardner che ironizza sull'ipotesi del "rapporto aureo" nelle proporzioni della Grande Piramide ("Le Scienze" n. 78), a causa del degrado del monumento, e non si accorge - tra le tante univoche indicazioni geometriche - dell'angolo della discenderia pari ad arcotangente 1/2, che è l'elementare base costruttiva di quel rapporto.
Altrettanto stupefacente è sentire da urbanisti odierni che l' agorà di Neapolis sarebbe stata in origine periferica rispetto a un primo nucleo urbano creatosi intorno al rilievo di Caponapoli, per diventare baricentrica solo in conseguenza dell'espandersi dell'abitato verso oriente: in realtà, è impossibile immaginare nulla di più "centrale" di quell' agorà in un progetto urbanistico definito in ogni sua parte fin dall'atto di fondazione della "nuova città".
La compiutezza ideale dell'impianto urbano originario di Neapolis è quanto appunto emerge da un frammento degli scritti di Dicearco di Messina, che riferisce della fondazione della città. Diversi punti appaiono in esso volutamente oscuri, secondo il costume del pitagorismo; nell'appendice si ricostruisce il senso generale di una lacuna esistente nel testo.
... di lui appunto (1) mi è avvenuto di trovare questa testimonianza (2): "Nell' inverno del primo anno della settantasettesima Olimpiade (3), al cominciare del giorno nel quale il sole, sorgendo, irradia dal punto dell'orizzonte più vicino al mezzogiorno (4), essendo stati assoggettati alla giurisdizione cumana gli abitanti di Partenope, noi cittadini e soldati di Cuma, sotto la guida del nobile e saggio Ileotimo, figlio di Timanore, esperto nella sapienza di Pitagora, abbiamo risalito all'alba il sovrastante colle (5) fino alla sua vetta, allo scopo di prendere gli auspici per la fondazione di una nuova città in un sito più ampio ed agevole di quello che chiamano Euploia (6), ove è ristretto l'abitato di Partenope.
Al primo raggio di sole il nobile e saggio Ileotimo, arconte e sommo sacerdote, ha segnato con un regolo sul terreno appositamente e per largo tratto già spianato la direzione di quel raggio (7), dal punto di incontro tra la linea di mezzogiorno (8) e quella ad essa perpendicolare sulla quale il giorno e la notte si equivalgono (9). Ha fatto quindi di tal punto centro di un grande cerchio e unito con un tratto del regolo (10) i due incroci di esso cerchio con la direzione del sole e con quella equinoziale dalla parte di oriente. Ripetutosi dieci volte lungo il cerchio lo stesso tratto, è apparsa sul terreno la figura a dieci lati consacrata da Pitagora alla divinità che misura l'universo e simbolo della sua dottrina (11). Già in Partenope.... (12). Il nobile e saggio Ileotimo, guida del popolo di Cuma nel cammino della sapienza, ha mostrato essere questo un chiaro segno della benigna disposizione della divinità che governa il mondo verso la nascente città e da tal segno ha stabilito che si prendesse fausto presagio, imprimendolo nel suolo della nuova città col sacro vomere dei fondatori (13). A tal fine ha diviso in quattro parti il cerchio con le due linee solari (14), poi in otto, infine in sedici, e della sedicesima parte dalla linea equinoziale verso settentrione, dal lato di oriente (15), ha deviato il regolo, volendo che quella fosse la direzione rispetto alla quale, come a propria base, si sarebbe misurata la nuova città (16). Questo egli diceva di fare, deviando cioè il regolo di un sedicesimo di giro dalla linea equinoziale, perché i posteri riconoscessero che il fatto era avvenuto proprio nel giorno dell'anno in cui era avvenuto (17).
Quindi ha stabilito nella misura di sei stadi in piano sulla linea di base la distanza, dal luogo dov'era (18), del muro della nuova città e che questa avesse perimetro quadrato, ortogonalmente alla linea di base, assegnando a ciascun lato la lunghezza di cinque stadi. La parte della linea di base compresa tra le mura segnerà, secondo come egli ha prescritto, la "plateia" verso Noto (19); in sua corrispondenza si traccerà quella verso Borea (20), in modo tale che la linea equinoziale corra proprio da un estremo dell' una a quello opposto dell'altra (21): nel mezzo tra le due si farà la mediana, la quale sarà ad eguale distanza dai muri di Borea e di Noto (22).
Gli "stenopoi" (23) si estenderanno dal lato di settentrione a quello di mezzogiorno: saranno due, distanti dai muri come le due "plateiai" estreme. In questo modo ci sarà nel mezzo un quadrato: nel quale, mancando lo "stenopos" mediano, di questo solo un tratto correrà tra la "plateia" mediana e quella di
mezzogiorno, per essere annuo gnomone (24).
Il punto medio della "plateia" di mezzo sarà il luogo dell' "agorà" (25), presso la quale sarà eretto un altare ai figli di Zeus, signori della luce e delle tenebre (26). Da tal punto come centro, infatti, se si conduce un cerchio toccando all'interno i quattro lati della città, su esso lo scostamento dello gnomone dalla linea di mezzogiorno segnerà luce e tenebre nel giorno degli auspici (27). Là,
poi, dove il cerchio taglia la "plateia" di mezzogiorno dalla parte di oriente, il regolo di tanto devierà dalla medesima verso Noto di quanto il sole oggi al suo sorgere ha deviato dalla linea equinoziale(28). La strada che,
così come il regolo, si disgiungerà dalla "plateia" sia sigillo impresso nel corpo stesso della città (29) dall'oracolo che ha consacrato Neapolis alla divinità misuratrice del cosmo (30).
Questo ho riferito, perché si sappia per sempre, io Dicearco, figlio di Archileo, cumano".
NOTE
verde = virtuale
rosso = reale
1) Il racconto riportato è attribuito a un ignoto Dicearco di Cuma da un altro Dicearco, filosofo peripatetico e poligrafo di Messina (IV sec. a. C.), che cita il primo - forse per la omonimia o per un rapporto di parentela - in un frammento dei suoi scritti.
2) La relazione che segue descrive le circostanze e il piano di fondazione dell'antica Neapolis.
3) Il 472 a. C.
4) Il solstizio d'inverno.
5) L'attuale colle di Sant'Elmo.
6) "Felice navigazione": oggi Echia, la collina di Pizzofalcone.
7) OR nel nostro disegno.
8) NS
9) WE, la linea equinoziale ovest-est.
10) AB
11) Il decagono regolare, simbolo pitagorico che esprimeva geometricamente il finalismo dell'universo (Il rapporto tra lato e raggio fornisce il valore della "sezione aurea", ricorrente nelle leggi di natura: v. Appendice). La figura del decagono (graficamente esagerata) nasce dal fatto che l'angolo EOR risulta essere di 36 gradi, ossia la decima parte dell'angolo giro.
12) Lacuna: è caduto un riferimento ad analoga presenza simbolica in Partenope. Il testo sotteso alla lacuna non è ricostruibile, ma lo è il senso generale: v. Appendice.
13) Ciò si chiarirà al termine: v. note 28 e 29.
14) NS e WE
15) Angolo POE = 22 gradi e 1/2.
16) Il rettilineo di Spaccanapoli OQ extra ed intra moenia. Il tratto stradale effettivo corre tra i punti I e J. Il segmento extra moenia IP misura 4 stadi (m 185 x 4 = m 740), quello intra moenia PQ è lungo 5 stadi (m 185 x 5 = m 925). La proporzione tra i due segmenti, di 4 e 5, è quella che individua il triangolo rettangolo isiaco-pitagorico (lati 3, 4, 5), anch'esso generatore della "sezione aurea" con una particolare costruzione geometrica.
17) L'operazione doveva essere una prova della datazione dell'evento al solstizio d'inverno: v. note 24 e 27.
18) Il punto O, nell'attuale certosa di S. Martino: OP = m 185 x 6 = m 1110: "in piano". in proiezione sul livello della città.
19) Il decumano meridionale PQ è il tratto intra moenia di Spaccanapoli tra le vie S. Sebastiano e S. Nicola dei Caserti.
20) Il decumano settentrionale TU, lungo le vie Sapienza, Anticaglia, SS. Apostoli.
21) TQ sulla linea ovest-est.
22) Il decumano centrale VZ oggi via Tribunali, a due stadi e mezzo dai muri nord e sud. Il dato dell' inclinazione astronomica non può essere casuale, perché è rigorosamente determinante per l'intero impianto urbano: in particolare, è vincolata ad esso e al conseguente intercorrere della linea equinoziale la distanza tra i decumani (v. nota 21), diversa da quella che li divide dal perimetro. Il quadrato del perimetro, così fissato, incontra esattamente i reperti di porte e mura a piazza Bellini (porta occidentale), via S. Sofia (porta nord-orientale) e piazza Calenda (porta Ercolanense o Furcillense: nota 29). Circa la porta intraurbana di piazza S.Domenico Maggiore, v. nota 24.
23) I cardini principali CD (via Atri, via Nilo, via Paladino) e FG (via Duomo), anch'essi consequenzialmente obbligati all'inclinazione di 22 gradi e 1/2 rispetto al meridiano FD.
24) HK, via S. Gregorio Armeno. La ragione della singolare anomalia rappresentata dalla mancanza del cardine centrale è che l'angolo KHD, anch'esso di 1/16 di giro, ovvero di 22 gradi e 1/2, serve da gnomone di datazione: v. nota 17 e la spiegazione alla nota 27. A ciò si aggiunga che la suddivisione del quadrato in due rettangoli e del rettangolo inferiore in due quadrati conduce, con un facile procedimento geometrico, a trovare la "sezione aurea" di HK e quindi ad inscrivere idealmente un decagono nella circonferenza di raggio HK (nota 11). La sacralità "solare" del quadrato centrale (v. note 26 e 27) è contrassegnata da un percorso privilegiato di accesso, che dalla zona santuario del rilievo di S. Aniello (in funzione di "acropoli"), attraverso il cardine collaterale di via del Sole, immette per una porta ad hoc, sita in piazza S. Domenico Maggiore, in quel quadrato ("Corpo di Napoli", statua del Nilo).
25) In corrispondenza di piazza S. Gaetano.
26) La chiesa di S. Paolo Maggiore sorge sul posto di una chiesa paleocristiana e di un precedente tempio romano dei Dioscuri: dal passo risulta che l'area in età greca era già consacrata con un altare a Castore e Polluce. La loro alterna vita in cielo e sotterra (Odissea XI e Pindaro, Nemea X) ne fa il simbolo olimpico del dì e della notte.
27) In modo volutamente oscuro, come era costume dell'esoterismo pitagorico, viene significato che gli angoli VHT e ZHU, eguali al1'angolo gnomonico KHD, tagliando in L e M la circonferenza inscritta nella città, la dividono in due parti diseguali - di 135 e 225 gradi
- proporzionali alla durata del dì (la minore) e della notte (la maggiore) nel giorno degli auspici, che è quello del solstizio d'inverno. A Napoli effettivamente, in quel giorno, il rapporto tra dì e notte - dal sorgere al tramonto astronomico del Sole - è di 9 ore a 15, ossia eguale a 135/225
28) L'angolo QXY è fatto pari a 36 gradi, ovvero a quello solare EOR nel solstizio d'inverno: v. nota 11.
29) La direzione XY del regolo corrisponde a via Forcella, il cui nome indica la sua anomalia rispetto all'ortogonalità dell'impianto complessivo: anomalia rispecchiata tradizionalmente anche dal simbolo Y del Sedile, che si vede nella stele di piazza S. Gaetano.
30) Scimno di Chio (II sec. A. C.) riferisce che Napoli venne fondata in obbedienza a un oracolo.
In conclusione, due dati astronomici legati al solstizio d'inverno - gli angoli di 36 gradi e 22 gradi e 1/2 - e la ripartizione della direttrice OPQ in 6 e 5 stadi (extra ed intra moenia) furono gli elementi costitutivi della planimetria di Neapolis nel disegno dei fondatori. Lo comprova la evidenza di Spaccanapoli, che parte dal piede della collina osservatorio, nella funzione di linea misurativa di base, e di S. Gregorio Armeno in quella di gnomone astronomico, altrettanto manifesta e convalidata dal culto dei Dioscuri. Determinante per la perimetrazione e per l'intero impianto è anche l'esatto andamento della linea ovest-est TQ tra gli estremi dei decumani superiore ed inferiore (note 21 e 22).
La fondazione di Neapolis risulta precisamente iscritta, con un crisma religioso e scientifico insieme, in una singolarità naturale della sua localizzazione geografica, una caratteristica che è facile verificare, se al mattino di un 22 dicembre si guarda il sorgere del sole dalla certosa di San Martino. Il primo raggio che poco dopo le 7 e 1/2 tracima dai monti Lattari forma un angolo di 36 gradi con l'est astronomico.
(Il dato, come è logico, si riferisce non al levarsi del sole dall'orizzonte, ma al suo sorgere visibile dalla sommità della giogaia montuosa. Per il variare della obliquità dell'eclittica, l'angolo reale con l'est varia leggermente nel corso dei secoli, ma dalla Napoli del V secolo a. C. fino ad oggi la misura di 36 gradi è rimasta una buona approssimazione del valore effettivo, che differisce da essa solo di qualche frazione di grado.) Chi osserva quel fenomeno, si trova ad ammirare la chiave unica del progetto urbanistico della antica Neapolis.
Via Forcella, che con quello stesso angolo diverge dalla "plateia" di fondazione, proprio là dove questa è tagliata dal cerchio inscritto nel perimetro della città, si rivela, dunque, come l'atto di consacrazione pitagorica di Napoli alla divinità che presiede all' ordine matematico dell' Universo.
APPENDICE ALLA
NOTA 12
(Da Partenope a Neapolis)
Il progetto urbano di Partenope, fondata dai Rodii (secondo Strabone), è anteriore al sorgere della scuola pitagorica, risalendo al VII secolo a.C., e tuttavia mostra la stessa matrice
scientifico-religiosa che impronterà la fondazione di Neapolis ad opera degli Ioni di Cuma e che si ricollega, assai più indietro nel tempo, alla geometria sacra delle massime piramidi egizie: quella di Cheope col "rapporto aureo" (*) tra apotema e semilato di base, e quella di Chephren, col "triangolo isiaco" (nota 16) della semisezione mediana.
La pianta primitiva di Partenope risulta chiaramente progettata a forma di pentagono regolare, una figura interrelata al decagono (il lato del pentagono convesso è "sezione aurea" del lato del pentagono stellato) e con le medesime caratteristiche simboliche. Lo si vede già a colpo d'occhio osservando su una carta topografica l'area di Pizzofalcone e S.Lucia, nella cuspide delimitata da via Partenope, via Nazario Sauro, via Cesario Console e via Morelli, e l'angolazione pentagonale delle strade a monte di via Chiatamone.
Per l'esatto riconoscimento della figura poligonale originaria, interna alla cuspide, si conduca una retta ie lungo l'asse ir di via De Cesare, fino a incontrare in h il muraglione
sh di salita Echia. Quindi si disegni una circonferenza di centro h e raggio he della misura di 1 stadio e 1/2 (m 277,5): il pentagono in essa inscritto, un lato del quale
bc corrispondeva all'incirca a via Generale Orsini, rappresenta l'area progettuale dell'antica Partenope. Il lato meridionale cd correva parallelo e a ridosso dell'attuale via Chiatamone (il "platamon", la spiaggia dell'approdo dei coloni), inclinato con lieve errore rispetto alla linea ovest-est pi ; quello occidentale de si estendeva lungo il lato ovest del largo Nunziatella. Gli altri due lati, cancellati dalle successive edificazioni, puntavano in a, nel sito dell'attuale chiesa di S. Francesco di Paola, determinando il vertice nord del disegno planimetrico.
L'angolazione pentagonale del perimetro è evidenziata dal parallelismo interno di via Monte di Dio mn e via Egiziaca a Pizzofalcone st col lato occidentale de: del disparallelismo, invece, di via Pallonetto a S. Lucia vz con le precedenti due strade si dirà più oltre.
Un dato sorprendente è il fatto che l'angolo di 144 gradi formato dai due tratti di via S. Lucia con vertice in via Serapide individua l'inserimento di due lati di un decagono all'interno del pentagono: sono i segmenti gr e rf di via S. Lucia, lunghi ciascuno 1 stadio (m 185) e perpendicolari a due lati del pentagono. Il decagono risultante ha centro u nel mare, davanti alla rotonda di via Nazario Sauro, a significare il favore divino per l'arrivo dal mare dei coloni. Ne è conferma la denominazione di "Euploia" data al luogo (nota 6). Ma il racconto di Dicearco offre e riceve maggior luce, in questa nostra analisi ricostruttiva riguardante Partenope, se si considera che la risalita dei Cumani fondatori di Neapolis lungo il crinale del colle dev'essersi mossa dall'uscita q all'altezza del supportico D'Astuti in via Monte di Dio, il cui prolungamento qO incontra in O la direttrice OPQ fissata per la costruenda città e misura 6 stadi "in piano" (nota 18), ossia è pari alla distanza OP stabilita tra il punto O scelto come osservatorio e il tracciato murario di Neapolis (**). Il luogo degli auspici di fondazione si volle, quindi, equidistante tra la "vecchia città" (Palaepolis) e la "nuova", tra le quali corre evidente - pur nell'antagonismo - un rapporto di filiazione geometrica e di consacrazione scientifico-religiosa al Dio costruttore dell'Universo.
Il dato più evidente di tale filiazione è rappresentato dal fatto che la Y di Forcella (note 28 e 29) è la ripetizione di una Y preesistente in Partenope, anch'essa includente un angolo di 36 gradi e incardinata con orientamento sud-nord proprio nel centro del pentagono, col ramo di salita Echia sh divaricato da via del Pallonetto. Quest'ultima riproduce la misura di 1 stadio e 3/4 (m 326) corrispondente alla lunghezza del lato del pentagono. Il mancato parallelismo con via Monte di Dio e via Egiziaca è dovuto alla funzione di asta della Y assegnata alla via e all' orientamento sud della biforcazione e serve precisamente a rendere manifesto il marchio simbolico della sacra Y nel cuore della città, proprio come faranno in seguito i Cumani fondatori di Neapolis con la deviazione di Forcella rispetto all'impianto ortogonale complessivo della costruenda "nuova città".
(*) Valore della "sezione aurea":
Valore del "rapporto aureo", reciproco del precedente e pari alla stessa sezione aurea aumentata di 1:
I due numeri godono di speciali proprietà matematiche e naturalistiche (serie di Fibonacci nella fillotassi, strutture pentagonali e icosaedriche, fattore d'incremento del passo di forme spirali, ecc). La tradizione vi riconosce una opzione intelligente della divinità tra gli infiniti rapporti possibili (cfr. nel Rinascimento, Luca Pacioli, De Divina Proportione).
La toponomastica sia di Partenope sia di Neapolis conserva evidenti tracce dell'influenza di insediamenti e culti egizio-alessandrini: via Egiziaca a Pizzofalcone e a Forcella, chiesa di S. Maria Egiziaca, via Serapide, piazzetta Nilo, via del Sole.
(**) Uno sguardo dalla Certosa di S. Martino evidenzierà la precisa collimazione, nel punto di osservazione O, delle due direttrici mn (via Monte di Dio) e IJ (Spaccanapoli), dalle quali reciprocamente la vista converge sulla stessa certosa a conferma dell'intento dei fondatori nel senso definito dalla presente analisi.
Statua del Nilo
Da: Corriere Partenopeo Anno XII - N.3 - 31 marzo 1990.
In merito a questa nostra indagine pubblichiamo senza nomi una
curiosa discussione svoltasi tra un ricercatore e un filologo e da noi
registrata a suo tempo all'indirizzo seguente, dove oggi non è più reperibile:
http://www.newsland.it/nr/article/it.cultura.classica/5378.html
Oggetto:
Dicearco
Data: Apr 27 2004 21:32:40
Chi era?
Anzi, chi erano?
A me risulta l'esistenza di un Dicearco da Cuma, citata da un Dicearco da
Messina.
Ma, a parte un accenno trovato su:
http://fun.supereva.it/fisicaunigravitazion.freeweb/napoli1.htm?p
e su:
http://web.rcm.napoli.it/clip/napoli1.htm,
non trovo che il silenzio.
Il problema è che i due link sono "culturalmente" legati fra di loro e, nel
tentativo di effettuare una ricerca più scientifica, avrei bisogno di sentire
una campana diversa; il parere di qualcuno non direttamente coinvolto in
un'ipotesi di lavoro francamente molto fantasiosa ma che potrebbe non essere
completamente campata in aria.
Chi mi dà una mano?
Grazie anticipatamente.
Data:
Apr 28 2004 10:41:25
(nome) wrote:
> [Dicearco da Messina e Dicearco da Cuma]
>Chi era?
> Anzi, chi erano?
Beh, sul (celebre) Dicearco, aristotelico del IV a.C., filosofo poligrafo, etc.
etc. troverai facilmente informazioni sulla tua enciclopedia oppure on-line.
Invece, per verificare il passo riportato dal sito da te segnalato, ti
consiglio, al posto del "canonico" Dikaiarchos di Fritz Wehrli. - Basel :
Schwabe, 1944 (Die Schule des Aristoteles: Texte und Kommentar ; 1), piuttosto
il più fruibile e aggiornato (con comoda traduzione) Dicaearchus of Messana:
Text, Translation, and Discussion, a c. di William W. Fortenbaugh e Eckart
Schütrumph (Rutgers University Studies in Classical Humanities, XI), New
Brunswick: Transaction Publishers, 2001.
Quanto a Dic(e)arco da Cuma, ipotetico fondatore di Dicearchia / Pozzuoli, cfr.
- al solito, quando si tratta di cose "partenopee" - Stazio Silvae, 2,2,96 ("nec
invideant quae te genuere Dicarchi / moenia").
Cordialmente.
Data:
Apr 28 2004 16:14:31
Ci ha scritto (nome):
> Invece, per verificare il passo riportato dal sito da te segnalato, ti
consiglio, al posto del "canonico" (...) Transaction Publishers, 2001.
2001... quindi non sarà reperibile in rete.
D'altra parte non saprei dove trovare questo testo; perché, come hai intuito, ho
bisogno proprio di verificare quel passo.
Intanto tu mi parli dell' "ipotetico fondatore di Dicearchia" mentre nella
traduzione di quel sito si fa riferimento alla fondazione di Neapolis.
Ho bisogno di chiarirmi le idee e per farlo non ho altro mezzo che trovare in
rete il testo originale. Sai se esiste?
Grazie e ciao.
Data:
Apr 28 2004 18:27:40
(nome) wrote:
> 2001... quindi non sarà reperibile in rete.
No, però potrai "comodamente" consultarlo all' Univ. Orientale di Napoli:
Localizzazioni: U.N.O. Dip.to Studi Mondo Classico
Descrizione ISBD: *Dicaearchus of Messana : text, translation, and discussion /
edited by William W. Fortenbaugh, Eckart Schurumpf. - London : Transaction
Publishers, 2001. - 389 p. ; 24 cm
ISBN: 0765800934
Collana:Rutgers University studies in classical humanities ; 10
Autore Secondario:FORTENBAUGH, William W. SCHUTRUMPF, Eckart
Soggetti: F ARISTOTELISMO
Classificazioni: D 185 FILOSOFIA ARISTOTELICA
Luogo di pubblicazione: London
Editori: Transaction Publishers
Tienici al corrente,
un saluto.
Data:
Apr 28 2004 22:05:42
Ci ha scritto (nome) :
> Tienici al corrente,
Lo farò.
Anzi, lo faccio subito :)
Ho appena finito di parlare al telefono con l'autore di quell'articolo sul sito.
In realtà Dicearco di Messina non ha mai scritto assolutamente nulla su Dicearco
di Cuma. L'intero brano greco e la relativa traduzione sono solo un gioco, una
trovata originale per introdurre la sua teoria sulla fondazione di Neapolis.
Teoria forse un po' complessa ma non priva di un suo fascino.
L'analizzerò con più attenzione.
D'altra parte il "trucco" è adombrato nell'espressione:
L' atto di fondazione di Partenope-Neapolis in una rêverie neoclassica
che segue immediatamente il titolo.
Il mistero è risolto.
O no?
Quando gli ho fatto presente che Stazio citava un Dic(e)arco da Cuma, Renato
è caduto letteralmente dalle nuvole! Era convinto di esserselo
inventato...
Potenza della fantasia!