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Il batterio che causa il carbonchio

di Giuseppe Geraci*

Il batterio che causa il carbonchio, il Bacillus anthracis, deve la sua pericolosità all’azione che la sua capsula di rivestimento svolge contro i fagociti, cellule che aiutano a combattere le infezioni, e a tre proteine che esso produce e che si organizzano sulle superficie delle cellule dell’ospite generando una tossina letale che agisce distruggendo meccanismi di segnalazione necessari alla sopravvivenza delle cellule. L’antrace è un grosso bacillo che fu isolato da Robert Koch nel 1877 e che nelle colture invecchiate forma spore, cioè si organizza in una struttura che gli permette di resistere anche per anni agli agenti atmosferici in un terreno in cui sia presente. Questo batterio è stato il primo usato in una forma inattivata al calore per effettuare una vaccinazione sistematica. Il carbonchio colpisce principalmente ovini e bovini e anche altri erbivori ma con minore frequenza. Il motivo è ovvio: questi animali brucando l’erba sono col muso in continuo contatto con la polvere in cui si possono annidare le spore che si attaccano anche al loro mantello rendendolo contaminato.

L’uomo può contaminarsi attraverso il contatto con gli animali infetti o con materiali derivati da questi, principalmente il cuoio e i peli. Se sono presenti spore di antrace, queste possono entrare attraverso lesioni della pelle quando la persona tocca l’oggetto o possono entrare nei polmoni se sono inalate durante la respirazione. Per questo motivo la malattia è più frequente per le persone che lavorano le pelli o cardano la lana o hanno a che fare con gli animali, come malattia professionale in quei paesi dove i programmi di vaccinazione degli animali non sono diffusi e le pelli fresche e la lana non sono sterilizzate. In Italia la malattia è praticamente assente da parecchi anni, sia per le vaccinazioni degli animali sia per le procedure di sterilizzazione dei materiali potenzialmente pericolosi. Un turista che compra un oggetto avente parti in pelle di animale infetto quale un tamburo, uno sgabello, un tappeto, può essere a sua volta infettato se questi oggetti non sono stati sterilizzati. Quando una spora riesce a introdursi nella pelle si forma inizialmente una lesione come da puntura di insetti che poi rapidamente si evolve in una pustola con un’area necrotica nera. In questi casi la pericolosità è molto bassa se si attua un normale trattamento con antibiotici. Altra possibilità di infezione per l’uomo, ma molto più rara e più pericolosa, è quella gastrica dovuta al consumo di carne proveniente da animali infetti che non sia stata cotta bene. L’infezione per via polmonare è ancora più rara ma causa alta mortalità perché l’intervento con antibiotici si deve effettuare entro breve tempo. Infatti, l’antrace si riproduce rapidamente e anche se il trattamento con antibiotici li uccide, può non essere utile perché questi hanno avuto tempo di produrre la tossina letale che non è eliminata dall’antibiotico e produce lo stesso i suoi effetti.

Di ceppi di antrace ve ne sono più di mille e fortunatamente solo pochi sono patogeni. Le statistiche mostrano che in Italia il pericolo carbonchio è praticamente inesistente per un cittadino non professionalmente esposto al rischio. Anche la preoccupazione di un attacco di guerra biologica, sorta negli Stati Uniti per le lettere contaminate con spore di antrace spedite a varie personalità e che hanno invece colpito principalmente gli addetti al servizio postale, si sta ridimensionando. Appare chiaro che, anche se un microbiologo di media preparazione teoricamente potrebbe preparare le spore dell’antrace, il reperimento del batterio, la produzione di spore, la loro essiccazione e manipolazione per l’introduzione in lettere e altri oggetti da inviare a particolari persone rappresenta comunque un’operazione costosa, difficile e pericolosa anche per chi la fa, anche se professionalmente preparato, in mancanza di un ambiente idoneo dove operare e di attrezzature particolari necessarie per manipolare quel tipo di patogeno in sicurezza. Il tutto non facilmente reperibile. Ciò rende difficile immaginare che una lettera del genere possa essere inviata a una persona che non rappresenti un simbolo per la posizione che ha o per l’attività che svolge.

La miglior cosa da fare per evitare il rischio carbonchio è di prevenirlo, usando solo oggetti con parti in pelle (o peli) di sicura provenienza o, se provenienti da Paesi in cui è possibile che non tutte le procedure di sterilizzazione siano state effettuate, pulendoli bene e sterilizzandoli prima dell’uso. La bassissima probabilità di contrarre l’infezione sconsiglia la vaccinazione di massa, limitandola solo alle persone che possono corre dei rischi per l’attività che svolgono di cui sono stati già dati esempi. Molto recentemente ricercatori del Dipartimento di Microbiologia e Genetica Molecolare dell’Università Harvard hanno pubblicato un lavoro scientifico in cui si indica una nuova via per neutralizzare l’infezione da antrace che non è basata sull’uso di antibiotici e che è efficace anche quando l’infezione è già dilagata. Il trattamento prevede la somministrazione alla persona infettata dall’antrace di una molecola che interferisce con l’attività della tossina letale prodotta dal batterio. In questo modo il batterio diventa molto facile da controllare. Il lavoro pubblicato è però solo la dimostrazione di una potenzialità nuova, perché riguarda esperimenti su colture di cellule e in modello animale. Sarà necessario molto tempo ancora perché si possa giungere ad una applicazione in campo sanitario.

 

*Giuseppe Geraci è Direttore del Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare presso l'Università "Federico II" di Napoli
 

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