Frammenti di un Maestro sconosciuto

di Pio Filippani Ronconi

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"Il 26 gennaio 1980 alle prime luci dell'alba, mentre attendeva al suo lavoro con la sua abituale solerzia, Massimo Scaligero penetrava cosciente in quel mistero che già più volte aveva indicato come l'unica realtà, con cui ha a che fare l'operatore dello spirito".
Con queste parole io annunciavo la scomparsa di un Amico e di un Maestro insuperabile, uno di quei testimoni dello spirito che compaiono sulla scena del mondo forse solamente ogni cinquecent'anni.
In quella tristissima circostanza mi ricordai di una pia narrazione che correva fra gli Ebrei ortodossi, gli Hassidim, secondo la quale nella comune Umanità è sempre presente, inconosciuto da tutti, un Uomo Giusto, un teodeq, che, a cagione della sua rettitudine, mistericamente sopporta il peso dei peccati, delle speranze e delle attese di tutta la sua generazione, finchè stremato da tale immane fatica non soccombe, per venire sostituito da un altro uomo Giusto che ne eredita le funzioni, e così avanti nei secoli fino alla redenzione finale.
I Mussulmani parlano, invece, di un Polo, o di un Asse del Mondo, al-Qutb, qualità alla quale assurge un derviscio a cagione della sua virtù, che, però, dopo un giorno di tale fatica, muore ed è sostituito da un altro suo simile.
Orbene, questo è stato il mio pensiero quando Egli scomparve.
Soltanto che un altro Uomo Giusto non venne a riempire il suo posto, poichè egli era l'epigone di una generazione di ricercatori dello spirito, che da noi si incarnarono in Giovanni Colazza, Evola, Colonna di Cesarò, Arturo Onofri e, fuori d'Italia, in Guénon, Ramana Maharshi, Shri Aurobindo e qualcun altro.
Massimo, lo sconosciuto, era il punto finale di un ciclo, la cui caratteristica fondamentale era l'esercizio di quell'Arte Regale che risolve il mistero della Materia nell'esperienza di una spissitudo spiritualis, in cui questa si svincola come pensiero puro.
L'abituale opacità minerale del mondo che ci circonda essendo determinata, non da una realtà obiettiva bensì da un pensiero nostro paralizzato nella sua funzione riflessa, cerebrale, che tale se la rappresenta. Ma, a parte il necessario supporto filosofico, tutta la sua vita fu caratterizzata da un'incessante azione di ricerca e di disciplina interiore: il suo insegnamento, consegnato in una ventina di opere, è un energico stimolante del metafisico.
Suscita come in nessun altro l'esigenza della correlazione dell'Io con sè, su cui - fra l'altro - è basata la conoscenza, come rapporto fra Io e Altro, fra Atman e Brahman, come direbbe un Indiano.
"L'Unità dell'Io con il mondo è già realizzata nel percepire - dice Massimo - ma rispetto ad essa la coscienza ordinaria è in stato di sonno, onde la potenza magica dell'atto percettivo le sfugge."
Importantissima fu la sua interpretazione dello Yoga e di altri movimenti spirituali dell'Asia, di cui Evola fu il banditore nel suo "Uomo come Potenza".

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Tutta la sua opera e, in particolare "Dallo Yoga alla Rosacroce", questa ultima un' autobiografia spirituale, volge ad una reinterpretazione dello Yoga, di cui riconosce i limiti, dovuti soprattutto alla diversa costituzione interiore dell'antico yogin e, in generale del pensatore orientale rispetto all'uomo di occidente, assiato sulla funzione autocosciente del pensare, a cui paradossalmente non attribuisce importanza primaria nella sua Via interiore, pur vivendo in funzione di un mondo percepito nella sua modalità materiale, che è bensì il figlio del pensiero astratto, logico-discorsivo.
Questa interpretazione, da Lui rigorosamente sperimentata sulla guida della Scienza dello Spirito implica anche una esegesi delle modalità fisico-eteriche, su cui opera lo Yoga classico.
Dice, in particolare: "Le vie allo Yoga oggi non portano allo Spirito, bensì al corpo /qui tratta del pranayama, la Scienza del Respiro perchè non muovono più dallo Spirito: del quale lo yogi non aveva da preoccuparsi, perchè lo aveva già: doveva solo giungere a servirsene".

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Sua opera fondamentale, non solo per sè, ma per l'Umanità avvenire, fu l'aver tracciato una "via rosicruciana" di cui dà le regole per la sua attuazione, ne afferma la connessione con il "Mistero cosmico del Cristo", ossia con ciò che il Cristo è, oltre ogni rappresentazine o sentimento umano: il senso ultimo della "Iniziazione solare"... "la meditazione rosicruciana, come la più alta che operi sulla Terra, porta il discepolo a scoprire che, non nell'anima, ma nell'intimo Io, egli reca il Principio che vince i due Ostacolatori", cioè quelli denominati: Lucifero - vettore delle forze di entusiasmo, ma anche di orgoglio/vanità e presunzione - e Ahriman il "Satana" della tradizione persiana, quello che induce all'ilusione materialistica e meccanicistica del mondo, che conducono alla paralisi delle forze pensanti e all'esaustione di quelle viventi.
Il Rosicruciano, più che combatterle, deve saper utilizzare queste forze cosmiche e trasformarle in strumenti dello Spirito, perchè tale è la loro funzione mediatrice.
Il punto di partenza per lo Scaligero resta sempre l'ascesi del pensiero, tramite le discipline della concentrazione e della meditazione, sì da ricondurlo alla sua primordiale natura di verbo, essenziata di "volontà di essere".
Da questo momento in poi inizia la Opera solis, volta a riconquistare la verticalità operante dell'Io, di là dai poteri dell'anima, vincolati ad un'esperienza sensibile del mondo materiale.
La resituzione di quest'ultimo alla sua primordiale dimensione di Luce, e questo è il fine della Grande Opera alchemica, a cui Massimo si era vocato sin dalla adolescenza.

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Massimo Scaligero, medico del pensiero

di Alfonso Piscitelli

 

In una splendida giornata di primavera, immaginiamo di avventurarci in aperta campagna: in lontananza, i profili dei monti si innalzano fino al cielo, immersi in un mare di luce.
Ovunque un calore vitale si riversa dall'alto verso il basso.
Chiniamo il nostro sguardo per contemplare il verde manto vegetale: teneri boccioli si aprono ai raggi del Sole, robusti alberi affondano le loro radici nella terra per strapparne gli umori e trasformarli - in virtù di una segreta alchimia - in linfa vitale.
Nell'erba, piccole creature si muovono e riposano. La lucertola orienta la sua testa con rapidi scatti; i suoi sensi sono fini e sempre vigili, perchè troppi esseri sono in agguato in un luogo che solo sulle tele dei pittori può sembrae idilliaco.
Quando al tramonto abbandoniamo questo paesaggio che abbiamo evocato con l'immaginazione e ci ritroviamo sulle strade asfaltate della nostra città, che ne è di tale mondo meraviglioso?
Qualcuno potrebbe dire che esso è ormai "dietro" di noi, qualcun altro forse più saggio potrebbe osservare che è "dentro" di noi.
Anche in una stanza buia, chiusi tra quattro mura, noi portiamo la "natura" dentro di noi.
Ognuno tocchi con l'indice e il pollice il proprio polso: sentiremo la durezza dell'osso - è la durezza di un minerale.
Nella durezza e nella freddezza del nostro scheletro noi portiamo il regno minerale, quello che non ancora conosce la vita.
Ma di una ragazza graziosa, di una bionda ragazza che con la sua bellezza rallegri la vista si dice: "è una ragazza in fiore", è un fiore di ragazza.
Giustamente. Perchè le forze eteriche che "fuori" fanno germogliare i fiori e fruttificare gli alberi, sono le stesse forze che fanno crescere e maturare gli esseri umani. "E' bella come un fiore", "E' robusto come una quercia": la floridezza di un corpo umano sano istintivamente evoca il confronto con il regno vegetale.
Per descrivere il carattere di un individuo ci rivolgeremo però ad un altro mondo per trarre ispirazione. Un mondo che alla "vita" aggiunge "l'anima": il regno animale.
Di una persona coraggiosa si potrà affermare che ha un "cuor di leone", di un'altra più pavida che è un "coniglio".
Di un uomo dall'intelligenza acuta, facilmente si noterà lo sguardo e il profilo aquilino. Come gli animali, anche l'uomo ha brame, impulsi interiori e una particolare sensibilità al piacere e al dolore.
Vi è però nell'uomo un nucleo interiore che non trova riscontri nella natura manifesta. L'uomo parla, pensa. E non vi è altro essere che in natura sia capace di articolare pensieri.
Grazie alla forza creatrice del pensare gli uomini della nostra civiltà hanno costruito computer, satelliti artificiali, aerei.

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Osservare le creazioni della moderna civiltà tecnologica riempie i nostri cuori di legittimo orgoglio: vedere un aereo che si innalza verso il cielo, col suo ventre metallico costellato di luci ad intermittenza, suscita anche un senso di bellezza: evoca quella bellezza metallica che il Novecento ha saputo produrre e che già i Futuristi cantavano all'inizio del secolo.
E tuttavia cos'è un aereo dinanzi al più gracile degli uccelli, a un colibrì? Nulla in quanto a complessità, a scioltezza, a grazia, ad efficacia nel volo. Un aereo sta ad un volatile come lo scarabocchio di un bambino sta alla Cappella Sistina.
"Dietro" un aereo sta, dietro qualsivoglia invenzione vi è l'intuizione delle menti più geniali del nostro tempo, cos'è infatti un aereo se non un "pensiero" impresso nel metallo?
Ma dietro un essere vivente vi è un pensiero superiore, il progetto di una intelligenza superiore; ecco perchè il confronto tra creazioni tecnologiche e realtà viventi è improponibile.
L'uccello che vola, il fiore che sboccia sono i "pensieri pensati dagli dei", si potrebbe dire usando una espressione "poetica".
Il pensiero umano è una scintilla di quella immensa intelligenza che dietro ogni forma della natura continuamente tesse e crea.
La ragione - il "logos" - che nell'interiorità dell'uomo è identica, consustanziale all'intelligenza cosmica che è la dimensione interiore (la "prima dimensione") di tutta la realtà visibile.
Ma se ogni uomo custodisce questa scintilla del Divino come è possibile che molti conducano una esistenza sotto tono ed alcuni addirittura si abbandonino alla disperazione?
Vi è chi, pensando male, giunge alla infelicità esistenziale. Vi è chi si ammala, a causa di un uso sbagliato del pensiero.
Il nodo della questione è proprio qui, l'uomo ha ricevuto in dono una mente consapevole ed un pensiero lucido; perchè egli è ben desto sulla terra, a seconda dell'uso che fa del proprio pensiero egli determina il proprio destino, fausto o infausto.

 

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In un epoca che ha corrotto in una maniera del tutto singolare la forza del pensare, Massimo Scaligero è venuto come un medico, come un terapeuta per guarire l'uomo, guardandone il pensiero malato.
Se il nostro pensiero non fosse malato, se esso non necessitasse di quella purificazione che per gli antichi medici greci era la premessa di ogni guarigione, cadrebbe fin d'adesso il velo che oscura l'identità del nostro spirito con lo spirito universale.
Scaligero ha voluto affidare il messaggio del suo Yoga del Pensiero Puro a libri che possiedono una chiarezza geometrica.
Si legga il primo capitolo del "Manuale pratico della meditazione", sembrerà quasi di leggere le prime pagine degli Elementi di Euclide.
Il più grave fraintendimento dell'opera di Scaligero consiste nel considerarla fredda, intellettualistica, proprio perchè incentrata sulla necessità di coltivare il pensiero.

 

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In realtà Massimo insegna che il pensiero liberato agisce nell'uomo come nella pianta agisce quella misteriosa forza che trasforma la zolla bruna in verde linfa vitale.
Scaligero ha mostrato che tra un uomo che pensa e un fiore che sboccia vi è uno stretto legame. E ancor più stretto è il legame tra la mente dell'uomo e il pensiero universale che tesse negli spazi cosmici.
A questo si riferiva Giovanni quando nel prologo del suo Vangelo parlava del "Logos" che è in Principio. Ma ad esso si riferiva anche Eraclito quando diceva: "Per quanto tu vada e per quanto tu cerchi, mai giungerai ai confini dell'anima".
A tal punto è profondo il suo "Logos".

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Il marketing politico

per migliorare il futuro di tutti

"Cominciate con ciò che potrebbe essere,

poi lavorate con impegno per realizzare

ciò che deve accadere."

Il marketing è il complesso di strategie e tecniche di programmazione e pianificazione, messo in campo dalle aziende, per l'ottenimento della massima soddisfazione dei consumatori dagli atti di consumo.

Negli anni, soprattutto nell'ultimo ventennio, il marketing ha sempre più sofisticato le sue metodiche fino a diventare un sistema compiuto, e sufficientemente esatto, di gestione e soluzione dei problemi di relazione di un'azienda col suo mercato di riferimento.

Esso si divide fondamentalmente in due grandi branche: il marketing strategico e quello operativo che rispettivamente si occupano delle problematiche di medio-lungo e di breve periodo.

La filosofia del marketing è applicabile con successo anche a settori diversi da quello aziendale purchè vi sia in comune: la soddisfazione del destinatario finale di una attività e la correlata ottimizzazione dei percorsi e dei metodi volti al conseguimento di tale obiettivo.

La politica, con particolare riferimento alle problematiche di gestione e fidelizzazione del consenso, è uno dei terreni in cui il marketing è applicabile con successo.

Non a caso, soprattuto negli Stati Uniti, si è sviluppata una branca specialistica del marketing che ha preso il nome di "marketing politico".

E, a ben riflettere, risultano impressionanti le analogie con i problemi della politica ed in particolare con quelli relativi alla missione ed all'organizzazione di un partito politico.

Le riflessioni ed i brani che seguono cercano di sintetizzare i principali ambiti del marketing politico al fine di offrire degli spunti di riflessione per gli addetti ai lavori.

Innanzitutto immaginare il futuro.

Quali saranno le esigenze dei cittadini nei prossimi 5/10 anni?

Attraverso quali canali potremo raggiungerli?

Chi saranno i nostri avversari e quali i loro obiettivi?

Da dove verranno i nostri consensi?

Quali capacità dovremo avere?

Quale anima andremo ad incarnare all'interno dei futuri raggruppamenti politici su scala continentale?

Se l'idea di nazione si allargherà all'intera Europa quali saranno le "regioni d'Europa" che ci offriranno più opportunità per meglio consolidarci?

Preparare le risposte equivale a soprassedere ai problemi quotidiani, e tentare invece di immaginarsi il futuro. Per farlo al meglio, è auspicabile disimparare il passato, sviluppare lungimiranza, generare una struttura strategica che aiuti a identificare e a far crescere le capacità per precedere gli avversari nella conquista della leadership nei consensi.

"Sarà una quota di opportunità piuttosto che di mercato quella che le aziende (i partiti) dovranno guadagnarsi nei prossimi anni; sarà necessario poi competere in un'arena non strutturata, perchè le nuove regole del gioco non sono ancora state scritte. La domanda chiave è: con le competenze di oggi in azienda (nel partito), quale quota di opportunità future potremo sperare di ottenere? O, meglio, quali nuove capacità dobbiamo costruire, far crescere oggi, per avere la nostra quota di opportunità domani?

Le competenze vanno quindi considerate come il fattore critico per la realizzazione dei progetti a venire.

Tuttavia anche per i sistemi con un management inadeguato, che non riesce più quindi ad interpretare correttamente la realtà del mercato, può esserci speranza.

Ecco in sintesi le indicazioni: trovate collaboratori che non siano come voi; incoraggiate la non ortodossia; create una struttura che disimpara dal passato e accantona quei comportamenti che non portano a risultati futuri; siate i più spietati concorrenti di voi stessi, in grado di distruggere, per non ripercorrerle, le strade dei passati successi.

Per creare il futuro è necessario "condurre" i consumatori (gli elettori) e non andarne a traino. Infatti, quale consumatore 15 anni fa era in grado di chiedere il telefono cellulare, il fax o il Cd o quale elettore era in grado di prevedere i mutamenti di scenario politico ed istituzionale degli ultimi 5 anni?

E' di Akio Morita della Sony la seguente affermazione: "Il nostro obiettivo è di condurre i consumatori verso nuovi prodotti piuttosto che chiedere loro ciò che vogliono, semplicemente perchè le persone non sanno ciò che è possibile produrre, noi sì". Le aziende che creano il futuro fanno molto più che soddisfare il consumatore: lo sorprendono." Questa affermazione può essere riformulata, in chiave di marketing politico, nella seguente: "Il nostro obiettivo è di condurre il popolo verso nuovi orizzonti piuttosto che chiedere loro ciò che vogliono (attraverso i sondaggi), semplicemente perchè le persone non sanno ciò che è possibile desiderare, noi sì. Le forze politiche che creano il futuro fanno molto di più che soddisfare l'elettore: lo sorprendono.

Mutatis mutandis c'è di che riflettere.

(Alcuni brani sono tratti da "Alla conquista del futuro" - Il Sole 24 Ore libri).

 

 

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Idea e ideologia

 

L'idea è feconda e vitale, quando essa nasce non appartiene ad alcun sistema di riferimento noto, sfugge ad ogni inquadramento ideologico, ad ogni categorizzazione preconcetta, essa è il nuovo che trascende il passato, a volte facendone tesoro, a volte ripudiandolo, ma sempre cercando di distillarne i contenuti pregnanti e l'insegnamento.

L'idea è l'originale, il pensiero creativo e creatore, il chiaro presagio anticipatore del futuro, la nota d'accordo per gli spiriti attenti, l'arco di luce che rischiara il cammino.

La storia dell'uomo è storia di idee incarnatesi in atti, fatti, intuizioni, scoperte, presagi, costruzione civile, avvento di civiltà e culture.

Le idee vivono, guizzando come vivida fiamma e muoiono come le stelle, implodendo in sè stesse o sparpagliando meteore e luminose scie di gas o solo nubi di cosmica polvere.

A loro imperitura memoria resta sempre il "rumore di fondo" della loro nascita e morte

Quando le idee si spengono, se sono state grandi, generano le ideologie, che sono la cristallizzazione di esse, il tentativo degli uomini, spesso onesto e sincero, di farle sopravvivere, senza rendersi conto di far riferimento a spente mummie di pensiero, a freddi simulacri di pietra, a categorie rigide di inquadramento, sistematizzazione e spiegazione della vita e del mondo, ma, mentre un'idea può essere tanto grande da arrivare a contemplare e ad alimentare dinamicamente, pragmaticamente, una visione del mondo, un'ideologia non lo può mai e ne abbiamo tutti prova concreta dai tanti fallimenti dovuti alle "ideologie applicate".

Così è sempre stato nel "tempo degli uomini".

Nello stesso momento in cui le idee si spengono, la Storia volta inesorabilmente pagina ed inizia nel suo seno a preparare il seme del nuovo, il germe vitale, le nuove idee che sole consentono il rinnovarsi delle primavere del mondo.

E, forse, è proprio l'ora del nostro ultimo inverno, è nell'aria il presagio della nostra primavera, è l'ora del coraggio -che significa affrontarsi, rinnovarsi, migliorarsi - della coscienza liberata, dei sensi risvegliati e della Fede, che "smuove le montagne", per riappropriarsi del futuro e del destino, per coniugare il nuovo che non nasce nè a destra, nè a sinistra, nè al centro.

Il nuovo è. La sola cosa cosa che conta è che sia giusto e praticabile, che faccia il bene degli uomini, che li aiuti a sollevarsi dall'ignoranza orientandoli alla libertà e alla coscienza della propria dignità, che li aiuti a esprimere il meglio di loro stessi e a comprendere che "uniti" si vince e, soprattutto, che è importante impegnarsi, combattere, non perchè ci sia necessariamente un nemico da abbattere, una posizione da difendere o un privilegio da ottenere ma solo per essere uomini migliori.

A questo adesso siamo tutti chiamati, alla "cerca dell'idea", per rinnovare la nostra Storia. E' questo l'accordo da cogliere e sentire. E' il momento di capire, è il momento del riscatto, delle idee nuove. E' l'ora di rifecondare la Storia, di seminare il nuovo, di svegliare le nostre coscienze assopite e ignave.

 

 

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Giugno 2000