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La sfida del Processo di Globalizzazione :

quali possibili scenari per le PMI Campane ?

 

Negli ultimi 10 anni il definitivo passaggio  a livello planetario dall’economia industriale all’economia post-industriale, pur in presenza di sacche considerevoli di sottosviluppo, arretratezza ed obsolescenza di alcuni sistemi economici, che tale passaggio ha necessariamente causato per incapacità di adeguamento, ha comunque sancito, nel bene e nel male, il fenomeno della Globalizzazione dei mercati e dei sistemi di produzione. Viene a delinearsi, quindi, un processo inarrestabile di denazionalizzazione dei mercati da imputarsi all’enorme sproporzione fra i livelli di crescita del mercato mondiale rispetto ai livelli dei mercati domestici, alla totale interdipendenza economica e finanziaria delle economie-paese, al rapido acuirsi dei sistemi di competitività fra le imprese, alla capacità di adeguamento ai must dello sviluppo tecnologico ed al sistema, a breve imperante, della New Economy, che con i processi informatici e multi-mediali, ha ridisegnato gli spazi geografici, i tempi ed i movimenti di tutti i sistemi economici a livello globale. Dinanzi a tali processi di globalizzazione dei mercati, dei processi produttivi, della finanza, delle logiche di distribuzione , dei modelli di consumo e delle strategie di marketing, il posizionamento delle imprese è necessariamente condizionato dal processo di cambiamento in atto e può divenire per le nostre PMI l’occasione per prepararsi, con le adeguate competenze, ai mercati internazionali o dare nuovo impulso e nuove strategie  al già avviato processo di internazionalizzazione.

Negli anni ‘80 e ‘90 molte delle delle PMI campane, dopo aver debuttato nel ventennio precedente sul mercato italiano, con reti di distribuzione e campagne di promozione, anche se non del tutto nazionali spesso ben strutturate strategicamente ed intuitivamente nella logica a venire delle aree Nielsen, hanno concepito il processo di internazionalizzazione, come il conseguente passaggio successivo alla penetrazione del mercato nazionale, ma quasi sempre inizialmente con una distorsione concettuale: i mercati esteri, infatti, venivano intravisti unicamente come valvole di sfogo alle cicliche sovrapproduzioni del nostro mercato interno e quindi approcciati con l’ottica perversa del mordi e fuggi, senza adeguate politiche di distribuzione. Nell’ultimo decennio le nuove regole del mercato comunitario hanno costretto le nostre aziende a formulare attente e specifiche strategie di esportazione,  con il trasferimento all’estero di alcune linee di produzione e filiali di vendita. Solo negli ultimi anni, alcune nostre aziende sono riuscite ad essere sistematicamente presenti contemporaneamente sia sul mercato europeo che su quelli  extra-europei, attraverso società a partecipazione diretta, attraverso Joint-ventures con partner locali o attraverso processi di acquisizione o fusione, sia nei processi produttivi, sia nelle linee di distribuzione, disegnando scenari definibili multinazionali.  Infatti, con nuove e sempre più innovative forme di partner-ship produttiva, tecnologica, finanziaria e commerciale, soprattutto le aziende leader di piccole dimensioni, se associate in partenariato, potranno adire alla fase globale con prospettive di maggiore successo, dal momento che non si tratterà più unicamente di penetrare singoli mercati con singole strategie, bensì il mercato globale con una strategia globale. Ci si orienterà ad un unico mercato, facendovi convergere i cluster omogenei ubicati nei vari mercati esteri. Del resto, se da un lato la globalizzazione può essere sociologicamente vista, forse erroneamente, come un processo di appiattimento e massificazione qualunquista delle culture e dei modelli di consumo nazionali, in campo economico può certamente considerarsi come sinonimo del raggiungimento di sempre più elevati standard qualitativi e di eccellenza delle produzioni. L’ottica basilare di ineluttabilità di tale percorso è del resto motivata dalla inarrestabile e rapidissima crescita dei processi di innovazione tecnologica, che riducono sempre più i cicli di vita dei prodotti, per cui diviene necessario che i prodotti abbiano la più estesa recettività di mercato possibile. L’ineffabile brevità del ciclo trova nella fase di globalizzazione il suo elemento portante per la sua corretta pianificazione e per il suo più idoneo sfruttamento. Infatti, la presenza globale contemporanea su più mercati, anche se ridotta nei tempi, diviene la scelta ottimale per ammortizzare armonicamente i costi di produzione, i costi pubblicitari e di placement ed i costi ormai strategicamente importantissimi di Ricerca & Sviluppo.

La gamma di soluzioni metodologiche per adire al mercato globale diviene quindi ampissima, ma è sottesa ad un’unica finalità : nel caso delle politiche distributive, ad esempio, le imprese potranno adottare contemporaneamente più categorie di placement, come l’importer esclusivista, la filiale estera con capacità di stockaggio, una rete di agenti locali, le joint-venture con finalità commerciali, le trading-company, etc.  La distribuzione, infatti, mirando alle sinergie delle interdipendenze del mercato globale, deve recuperare sistemi distributivi di tipo globale e nel caso ciò non risulti possibile ricorrerà a linee distributive di tipo locale, nel rispetto, però, delle interdipendenze e delle economie distributive di scala che la globalizzazione comporta. E’ allora possibile riscontrare sul mercato globale che prodotti globali pervengano agli stessi cluster di consumatori globali con sistemi distributivi non più omogenei ma differenziati. Ed è per tale motivo che la distribuzione può divenire un valido elemento di differenzazione del prodotto globale, in base ai livelli di efficienza raggiunti e alle sinergie economiche prodotte, da una o più soluzioni contemporanee, per assicurare la presenza del prodotto sul mercato globale.

La soluzione della joint-venture  come forma di presenza sul mercato globale, si presenta come la via prioritaria e spesso obbligata nelle quali le PMI debbono riconoscere il sistema di impresa per recuperare il loro vantaggio competitivo nei confronti delle multinazionali, basandosi innanzitutto sugli alti coefficenti di elasticità del proprio sistema di impresa che le PMI vantano rispetto ai coefficenti delle imprese multinazionali. Le joint-ventures rappresentano oggi una delle risposte più attuali e strategiche per acquisire il profilo globale. Questa scelta viene dettata oggi, per quanti sanno coglierne le opportunità, dalla necessità di superare le attuali forme di protezionismo di gran parte delle economie in fase di rivitalizzazione economica e di apertura al mercato globale( ad es. I paesi uscenti dall’economia socialista) e permette sia di approviggionarsi in modo più competitivo di materie prime, sia di commercializzare globalmente i propri prodotti, avvalendosi di vantaggi ed incentivi finanziari, fiscali, produttivi e logistici. Non è assolutamente possibile, per chi scrive, poter ricondurre ad uno schema omogeneo per tutte le imprese la tipologia di joint-venture da prescegliere. Il tipo di joint-venture e quindi il relativo grado di partecipazione economica con cui realizzarla dipenderanno esclusivamente dall’obiettivo finale che l’azienda globale si propone. La realizzazione di una join-venture dovrà essere comunque attuata dall’impresa nell’ambito di una dettagliata scelta di strategia aziendale e con una netta consapevolezza dell’avvio di un serio e strategico processo di globalizzazione. Infatti proprio una strategia associazionistica nelle forme di produzione o nelle forme di commercializzazione, in grado di sommare le possibilità finanziarie ed il know-how dei vari partner, con un’equa ripartizione dei rischi, permetterebbe ad un pubblico sempre più vasto delle nostre PMI  di intervenire strategicamente su più mercati globalmente, cosa  che diversamente sarebbe impossibile. Anche per quanto riguarda il trasferimento di Know-how, le PMI sono ormai consapevoli che l’alternativa reale non consiste più tra esportare tecnologie o prodotti finiti, bensì tra esportare tecnologia o non esportare affatto, dato e considerato che altri concorrenti, comunque, venderebbero il loro know-how. Non rimane quindi altra soluzione, per rispondere con efficacia alla globalizzazione, che rafforzare anche tale possibilità strategica, perchè appare sempre più ovvio che in molti casi è solo con la fornitura di impianti chiavi in mano all’estero e con l’export di tecnologia che si può attuare il processo di globalizzazione di moltissime nostre aziende. Piazzando la propria tecnologia ed il proprio know-how lì dove si stenta a collocare i propri prodotti, si rinforza il proprio posizionamento, acquisendo vantaggi e portando un’azione di disturbo a tutta la concorrenza presente sul mercato. Ed è proprio in base ai presupposti finora esposti che l’Assessorato alle Risorse Strategiche dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, nell’ambito delle sue politiche di sostegno ed implementazione dei processi di internazionalizzazione e di innovazione tecnologica del proprio tessuto imprenditoriale e del  proprio territorio, sta promuovendo, in linea con i preposti Programmi Comunitari, un’attenta azione di costruzione di partenariati, soprattutto di tipo economico  , con  le Istituzioni e le Associazioni di Imprese locali appartenenti a mercati esteri, per i quali esistano i presupposti di attivazione di rilevanti volumi di interscambio commerciale, produttivo e tecnologico con le nostre PMI, spesso proprio grazie alle opportunità di associazionismo date dalla costituzione di joint-ventures miste fra due o più paesi.

  di Pietro Gonsalez del Castello

Assessore alle Risorse Strategiche

 

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