La mano del
chirurgo coglie quello che ancora di vivo
esiste nel
donatore
(clinicamente morto) e cioè i suoi organi
per offrirli ad un
malato in
attesa di trapianto d'organo,
che attende fiducioso quest'ultima
possibilità che oggi la vita gli offre.
La mano del
donatore
è unita non solo
alla mano del
chirurgo
ma, soprattutto, a quel meraviglioso
fiore
che simboleggia
la vita
e che ha le sue radici nel corpo ormai privo
di vita del donatore. Infatti è quest'ultimo
che determina con la volontà questo miracolo
che si chiama "trapianto d'organo" e che si
visualizza mirabilmente come una catena
inscindibile tra donatore (che dona i suoi
organi post‑mortem), chirurgo (che effettua
l'espianto) e malato (che attende il
trapianto d'organo). Questi tre anelli
inscindibili sono finalizzati ad un solo
grande scopo, creare da una "vita spezzata"
una "nuova vita".
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